di Michele Tomai – Coop. Soc. “Materie Vive”
Titolo dell'opera "Kids on guns hills" Banksy, artista e writer inglese, considerato uno dei maggiori esponenti della street art"
Come conseguenza della visione che l’uomo ha della sua storia passata, che appare costellata da ingiustizie, guerre e soprusi e a causa delle negative condizioni sociali e/o politiche in cui molte persone si trovano oggi a vivere in varie parti del mondo, si è ancora di più radicata in noi la propensione ad avere una scarsa fiducia nel genere umano, delle sue capacità e delle sue potenzialità. Questo giudizio si estende ovviamente anche alla rappresentazione che gli adulti hanno dei bambini e del mondo dell’infanzia. L’immaginario collettivo sul mondo dell’infanzia è caratterizzato da accezioni di tipo negativo come quelle di considerare i bambini esseri inferiori, animali con il solo bisogno di nutrirsi, che non possano assumersi delle responsabilità, che non hanno competenze sociali, emozionali o decisionali, e che quindi, per tali motivi, debba essere l’adulto a dover costantemente decidere per loro. Questa visione negativa dell’infanzia, benché non intenzionale, ha come conseguenza quella di disorientare i bambini e danneggiarne l’armonico e spontaneo sviluppo del soggetto in divenire. L’adulto finisce così, nella relazione con loro, nel non avere forti valori fondanti sui quali impostare il rapporto, nel non comprenderli per quello che sono, nel non considerare i loro reali bisogni e desideri. E’ quindi su un errato costrutto meccanico-culturale che interagiamo con loro e pianifichiamo tutti gli interventi di tipo educativo. Se, attraverso un percorso di auto-riflessione, l’adulto prova a liberarsi da questo costrutto che fa vedere il mondo dell’infanzia sotto una luce negativa, scoprirà che i bambini, se messi nelle adeguate condizioni, arrivano a capire cosa sia giusto o sbagliato per loro, imparano ad assumersi delle responsabilità, dimostrano di avere la capacità di scelta sulle questioni che li riguardano direttamente, hanno una forte spinta alla collaborazione e un vitale istinto sociale. Tutte caratteristiche che vanno ad affievolirsi quando entrano in contatto con il mondo degli adulti adulto proprio a causa della scarsa stima e fiducia che gli stessi adulti hanno nei loro confronti. E così, più il processo di socializzazione avanza, più il bambino perde molte delle sue caratteristiche positive fino a quando, diventato adulto, non si ricordarà nemmeno di averle avute.
Detto questo, come mettere in atto un adeguato agire educativo, e come costruire delle relazioni che rispecchino una visione ottimistica e piena di speranza nei confronti della vita e che non distruggano il potenziale presente nei bambini?
La mia intensa esperienza mi ha insegnato che è fondamentale tenere conto dell’integrità dell’ individuo, ovvero della sua intoccabile, unica e inviolabile esistenza, sia a livello corporeo che a livello psicologico, in tutte le sue sfaccettature, anche le più particolari e non in linea con le aspettative o i desideri dell’adulto. E’ necessario che si crei una relazione orizzontale e sincera, dove ci sia accettazione dell’altro, della sua personalità, del suo essere, dove non siano presenti atteggiamenti di sopraffazione o di legittimazione del potere, dove l’unica metodologia messa in atto è quella del rispetto per l’altro e quindi anche per se stessi. Per costruire questa tipologia di relazione l’adulto deve essere prima di tutto sincero con se stesso, essere capace di vedere quali sono le ombre di tipo culturale che vanno ad offuscare l’agito relazionale. Finalmente, anche in Italia si sta cominciando a riflettere su queste tematiche e sono sempre più i soggetti coinvolti, come ad esempio coloro che fanno parte del mondo della scuola. Insieme all’ambiente familiare, la scuola è il luogo principale dove si creano relazioni educative durature nel tempo, dove si attua la socializzazione, dove il bambino impara ad essere l’adulto che poi diventerà. E’ nella scuola che deve insinuarsi una reale e totale fiducia nell’essere umano. Se i maestri, gli educatori non hanno fiducia nei loro allievi la relazione non sarà positiva ed il bambino per primo avrà sfiducia in se stesso, imparerà, così come gli insegnano, a non credere nelle sue possibilità. La fiducia data a scuola si proietterà anche in famiglia. Il fine ultimo del dare fiducia è quello di dare un senso all’intera esistenza, individuale e collettiva, dare valore all’umanità. Una scuola che lotta per una naturale espressività del bambino e del ragazzo e si orienta verso una pedagogia non direttiva, attraverso il dialogo, l’ascolto e la condivisione di esperienze, può riportare in auge il bisogno innato di libertà che è presente fin da quando l’uomo ha messo i piedi sulla Terra. Ma esistono allora delle regole precise o una ricetta pedagogica per una migliore strategia d’intervento? Sì, secondo D.H. Lawrence ne esistono ben tre: ” Lasciateli in pace. Lasciateli in pace. Lasciateli in pace.”